Di ansia si parla continuamente. Sui giornali, alla televisione. Ma cos’e’ davvero l’ansia? E’, innanzitutto, un’emozione di base e, come tale, ha una sua finalità. Attraverso l’ansia, infatti, si attiva l’organismo umano, aumenta il battito cardiaco, la frequenza del respiro, insomma, tutto il nostro corpo si pone sull’attenti, pronto ad affrontare una situazione ritenuta potenzialmente pericolosa. L’ansia ha perciò un suo scopo, che è quello di prepararci a gestire qualcosa di nuovo, di adattarci a un cambiamento o di darci alla fuga.
Ma quando da emozione “utile” si trasforma in un malessere psicologico? Quando aumenta troppo di intensità e diventa eccessiva, ingiustificata o sproporzionata.
Secondo il DSM 5, il più conosciuto manuale dei disturbi mentali, esistono 6 tipologie principali di disturbi d’ansia: quelli da separazione, le fobie specifiche, il disturbo d’ansia sociale, l’agorafobia, il disturbo d’ansia generalizzata e quello da panico.
Il primo disturbo è legato all’allontanamento da figure emotivamente importanti. E’ tipico, per esempio, dei bambini che non vogliono separarsi dalle loro mamme quando iniziano la scuola. Oppure è presente in alcune donne, quando non riescono a staccarsi dai loro figli adolescenti, ad accettare che i loro ragazzi stanno crescendo e hanno meno bisogno di loro (o ne hanno, ma in modo diverso).
Le fobie specifiche riguardano una paura esagerata verso oggetti o contesti particolari (sangue, ragni, serpenti, volare). Si sviluppa, in questi casi, una preoccupazione eccessiva e sproporzionata rispetto al pericolo reale che questi eventi rappresentano.
Il disturbo d’ansia sociale (DAS) è relativo a un’ansia marcata in situazioni in cui si è al centro dell’attenzione. Il bambino che a casa conosce a memoria un argomento, per esempio, e che, poi, a scuola, davanti ai compagni, in un’interrogazione, si blocca e non riesce più a parlare. O l’avvocato che si ferma a metà arringa e non è capace di andare avanti.
L’agorafobia e’ il timore di trovarsi in spazi aperti, soprattutto in condizioni dove si pensa di non avere una via di fuga (come essere bloccati in una coda davanti a un cinema, o stare in un bar all’aperto, con intorno altri tavoli, che impediscono un’eventuale ritirata). Il suo opposto è la claustrofobia, l’angoscia cioè di trovarsi in spazi chiusi, costrittivi. Chi soffre di agorafobia può evitare di uscire di casa anche per un lungo tempo.
Il disturbo d’ansia generalizzato (DAG) si manifesta in una continua irrequietezza e irritabilità, che si attivano non davanti a eventi specifici, ma in qualunque momento. Chi e’ affetto dal DAG si sente nervoso per tutta la vita, fin dalla prima infanzia.
Gli attacchi di panico, infine, rappresentano il disturbo d’ansia più grave; possono comparire improvvisamente e raggiungere il picco in pochi minuti, causando una sensazione di morte. Chi soffre di attacco di panico spesso finisce al Pronto Soccorso, perché sente di stare malissimo (teme di avere un infarto o di essere in fin di vita).
Tutti queste sei tipologie dei disturbi d’ansia sono più rappresentate nelle donne, con rapporti che vanno fino al doppio, come nel caso degli attacchi di panico.
Ma cosa si può fare se si soffre di questo problema? I farmaci possono aiutare, in particolare le Benzodiazepine e gli SSRI (Inibitori Selettivi della Ricaptazione della Serotonina). E anche la psicoterapia. Spesso i disturbi d’ansia insorgono perché esiste un blocco emotivo, che non riusciamo a vedere e l’ansia ne diventa la conseguenza diretta.
Attraverso il colloquio psicologico, allora, si può (e si deve) capire come mettere a fuoco i nostri disagi, per poi attivare una serie di strategie per ridurli e allontanarli. Insomma imparare ad affrontare l’ansia, in qualunque tipologia si manifesti, è possibile, in modo da cambiare ciò che non va nella nostra vita.