L’esame della memoria fa parte di una valutazione cognitiva generale, che comprende, non solo la capacità di ricordare, ma anche l’analisi dell’attenzione, delle abilità intellettive e del linguaggio. Questo “pacchetto” serve per considerare la situazione cognitiva delle persone e per capire se esiste un decadimento mentale.
Capita a tutti, infatti, di non ricordare più il nome di una persona, o dove abbiamo collocato le chiavi di casa, o di avere una parola sulla “punta della lingua”. Questi fenomeni sono del tutto normali, soprattutto se si pensa che dai 22 anni in poi la nostra memoria cala, e non devono spaventare. Se, però queste dimenticanze aumentano nel tempo, e’ importante effettuare un esame cognitivo, per capire se esiste un declino della memoria del tutto fisiologico, o se, invece, si tratta di qualcosa d’altro. E’ anche essenziale non aspettare troppo per decidere di sottoporsi a una valutazione cognitiva.
Nel caso in cui il calo della memoria fosse fisiologico, ci si può tranquillizzare e ricorrere magari a metodologie come la Brain Fitness(che aiuta a tenere il nostro cervello in allenamento).
In caso, invece, si tratti di un decadimento più importante, si può ricorrere all’aiuto di un Neurologo, che può prescrivere una terapia farmacologica in grado di allungare la fase iniziale della malattia degenerativa e migliorare la propria qualità della vita.
Come funziona una valutazione della memoria? Al paziente vengono sottoposti una serie di test, alcuni scritti (come fare un disegno), altri orali (come ripetere una storia o una stringa di numeri). Non si tratta di “giochini”, come all’apparenza possono sembrare, ma di prove studiate a lungo, ciascuna delle quali valuta un’abilità. Per esempio, la memoria verbale o la memoria visiva (esistono diversi tipi di memoria), oppure l’attenzione o la capacità di produzione linguistica. Ogni prova permette di ottenere un risultato che, a sua volta, viene confrontato con quello di un gruppo di riferimento già esistente. Questo significa che i risultati di una donna di 65 anni, con un diploma da maestra, sono paragonati con quelli di un gruppo di persone del suo stesso sesso, con la sua stessa fascia di età e lo stesso numero di anni di studi.
In questo modo si può capire con precisione se gli esiti dell’esame cognitivo sono sovrapponibili a quelli del gruppo di riferimento, oppure se si scostano (e di quanto si scostano) dal gruppo. Si può, cioè, capire se il declino della memoria e’ un fatto comune per tutte le persone di quell’età, oppure se si tratta dell’inizio di una malattia neurologica.
Queste batterie di test, somministrate dallo Psicologo, costituiscono a oggi lo strumento principale per arrivare a una diagnosi di decadimento cognitivo. Possono forse sembrare un po’ noiose, ma certo non sono invasive o inutili.
Alcune persone confessano di essere in imbarazzo ad affrontare i test, per paura di sentirsi giudicati o sotto esame, come a scuola. In realtà nessuno (certo NON lo Psicologo) pensa di sentirsi un giudice davanti alle prestazioni del paziente; le prove sono state elaborate proprio per valutare le principali funzioni cognitive e per aiutare i pazienti a orientarsi meglio.
Le valutazioni possono, poi, essere ripetute nel tempo, per capire se esiste un calo progressivo della memoria, o se la situazione resta stabile.
Ogni valutazione neuropsicologica dura circa un’ora / un’ ora e mezza, a seconda delle situazioni personali. Lo Psicologo deve poi correggere i risultati ai test, confrontarli con quelli dei gruppi di riferimento e scrivere una relazione su quanto emerge. In genere dopo 3 giorni i risultati finali sono pronti e attraverso una telefonata o un nuovo incontro vengono comunicati ai pazienti, insieme a indicazioni e suggerimenti su cosa fare.